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Vignetta per Rutger Hauer, androide “umano” ad Etna Comics

mostra vignettaC’è una sequenza in “The Hicher” in cui il killer John Ryder, dopo essere stato braccato dalla polizia al termine (o quasi) della sua mattanza “on the road”, risponde alla domanda dell’agente che gli chiede da dove provenga con un laconico- e ironico- “Disneyland!”. In quella battuta non c’è soltanto l’essenza di un killer che sbeffeggia il mondo e l’autorità, ma probabilmente anche la stessa filosofia di vita del suo interprete, il magnetico Rutger Hauer. Non nutriremmo troppi dubbi che a pronunciarla il mitico attore olandese abbia provato piacere e magari anche un sottile compiacimento. Lui, europeo (ma di stanza per anni nella Mecca del cinema) che da quel parco divertimenti chiamato Hollywood ha saputo prendere il meglio, restando però consapevole di tutto il peggio che vi albergava intorno. L’ironia sprezzante di quell’omicida tanto amato e odiato nella storia del thriller (dovremo attendere fino al John Doe di “Seven” per trovarne uno altrettanto terrorizzante), sembra trovare l’eco perfetta nel suo attore che dal vivo, in occasione del primo incontro col pubblico di “Etna Comics”, dimostra subito di essere una personalità altrettanto schietta e sincera (ma non omicida per fortuna). Rutger Hauer non è soltanto divo tra i più affascinanti della Hollywood degli anni ’80 ma anche uno che, spogliato dalle iconiche armature che l’hanno consacrato agli occhi del mondo (killer, androide, cavaliere), resta fortunatamente un uomo. Vero e diretto. Perfino disarmante quando si mostra sorpreso dall’accoglienza calorosa del pubblico nella piccola sala Polifemo de “Le Ciminiere” (“Sono passati anni da quando mi applaudivano così!”). L’affetto dei presenti, divisi tra giovani, “nerd” quarantenni e donne ancora infatuate del bel Navarre di “Ladyhawke”, a distanza di trent’anni non è mutato di un grammo. Anzi, se possibile, si è tramutato in qualcosa di più imperituro: è diventata ammirazione per chi è riuscito a restare se stesso, nonostante il richiamo delle sirene hollywoodiane. Un autentico uomo di cinema che dispensa consigli secchi ed essenziali (“Due cose fondamentali occorrono per fare cinema, la conoscenza dell’inglese e “farlo”, “Imparare l’inglese americano è stata la scelta che mi ha offerto più possibilità lavorative”), ironizza senza peli sulla lingua sulle domande poste e senza troppo badare al gergo (ma siamo a Etnacomics per fortuna e non in qualche impettita, noiosissima conferenza stampa da festival) e punta al sodo anche in quest’occasione. Perché riesce a trasformare un momento topico come quello dell’autografo in un’occasione di beneficenza assai più bello e apprezzabile di quanto invece non si siano rivelati certi “spazi-firme” del passato (quando gli autori si limitano ad autografare, previo acquisto, soltanto i loro libri senza concedere nient’altro ai fan). Lui parla con tutti, dribbla con smorfie ed ironia la monotonia di tante domande e firma ogni cosa (perfino la valigetta dell’edizione speciale in dvd di “Blade Runner”), scambiando incessantemente battute ed incassando sorrisi, sguardi acquosi e innamorati e perfino il bacio di una fan. Accetta con gioia anche la vignetta omaggio da parte di Vois, inaspettato regalo consegnatogli durante la conferenza stampa, un disegno che lo ritrae come mito del passato e certezza del presente (l’omaggio al bellissimo “I colori della passione”). Perché puoi avere anche 71 anni ma se il cuore resta quello sincero di una volta l’infatuazione, quella vera, non conoscerà il tempo. Lui Navarre, John Ryder, Roy Batty, killer, santo bevitore e cavaliere qui a Etnacomics ha visto cose “nessuno potrà mai immaginare” e cioè che la memoria del mito non andrà mai perduta come lacrime nella pioggia…

Testo e disegno di Andrea Lupo

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