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Studenti Erasmus in rivolta

È di questi giorni il problema sollevato dagli studenti italiani, quasi 25 mila, che si trovano all’estero con la borsa di studio del progetto Erasmus. Tali studenti, infatti, rischiano di non poter votare alle prossime elezioni in quanto la loro categoria non è prevista dal decreto legge  per il voto all’estero (dl 18 dicembre 2012 , n. 223), che lo prevede, invece, per i militari in missione, per i dipendenti dell’amministrazione dello Stato e per i professori e i ricercatori universitari.

Da lì alla rivolta il passo è stato breve. Gli studenti, letto il decreto legge, si sono mobilitati in rete per protestare contro quest’assurda limitazione. Su Facebook è subito nata una pagina apposita, creata da una studentessa trentina in Erasmus a Bath, che ha visto la partecipazione di tutti gli studenti interessati.

La polemica sollevata dagli studenti ha trovato l’appoggio dei rettori, della politica e della società civile e il governo non ha potuto fare a meno di prendere in esame la questione cercando di porvi rimedio. In un comunicato il sottosegretario all’istruzione Elena Ugolini (il cui cognome rassicura ben poco) ha dichiarato:

«”Stiamo cercando una strada per risolvere il problema. Questa mattina mi sono interessata direttamente con il ministro dell’Interno per fare in modo che i ragazzi che stanno frequentando l’università all’estero possano poter votare. Mi sembra un loro diritto che deve essere garantito. E non possiamo permettere che le famiglie paghino il viaggio di andata e ritorno per un diritto che, come cittadini italiani, devono poter esprimere anche se studiano all’estero».

Naturalmente, anche molti esponenti politici hanno detto la loro, ma gli studenti tengono a precisare che:

«Questo iniziativa è assolutamente APARTITICA e APOLITICA, la rivendicazione di un diritto negato non deve avere e non ha colori, accenti o fedi politiche, di conseguenza vorremmo che questa proposta non venisse strumentalizzata nelle campagne elettorali, ma considerata seriamente nelle sedi adeguate. La mobilità giovanile, e non solo studentesca, è ormai una realtà innegabile ed in continua crescita: lo Stato dovrebbe promuovere l’intraprendenza e l’iniziativa e non scoraggiarla negandole i suoi diritti fondamentali. Tuttavia nonostante la rabbia ed il disappunto, confidiamo ancora in una ventata di buon senso che porti i nostri politici a considerare seriamente la voce di migliaia di giovani che hanno ancora la voglia e la speranza di combattere assieme per vedere il propri diritti rispettati».

Non possiamo che essere d’accordo con loro e augurarci che il governo trovi il modo di assicurare il diritto di voto a questi ragazzi.

photocredit by: http://worldmeltingpot.wordpress.com

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