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Poggioreale e Gibellina, un viaggio nelle città fantasma

Un paese rimasto in piedi tra le macerie, un luogo totalmente disabitato. Poggioreale, in provincia di Trapani, è una città in bianco e nero, immobile e pietrificata sin dal 1968, ovvero dal tremendo terremoto del Belice che rase al suolo anche le vicine cittadelle di Salaparuta, Montevago (Ag) e Gibellina.

Le strade di Poggioreale

La storia del Belice è nota; dalle difficoltà logistiche e organizzative dell’Italia post-bellica e le loro atroci conseguenze sulla vita dei terremotati, alla lenta e faticosa ricostruzione durata decenni; un’impresa che, sebbene sul piano architettonico e urbanistico abbia dato i suoi frutti (anche questi più che discutibili), da un punto di vista socio-economico non si è mai effettivamente concretizzata.

Un sabato d’agosto abbiamo attraversato il tratto della valle del Belice che va da Gibellina Nuova a Poggioreale in un costante flusso di sentimenti contrastanti; smarrimento, desolazione, cordoglio, ma anche meraviglia per gli splendidi paesaggi e i piccoli boschetti, unita a un tragico e poetico sentimento estetico. Visitiamo Gibellina Nuova, punto di riferimento essenziale in Sicilia per l’arte contemporanea, ma allo stesso tempo desolata immagine di progetti politici e sociali avviati con entusiasmo, ma incompleti, in quanto a manutenzione, restauri e soprattutto dal punto di vista della partecipazione cittadina. Ci dirigiamo poi verso i ruderi di Gibellina, percorrendo una superstrada totalmente deserta, un asse superveloce, noto per le corse clandestine; l’ennesimo spreco di finanziamenti pubblici. Gibellina Vecchia, così come è chiamata dagli abitanti della zona, è oggi ricoperta dal bianco e silenzioso Cretto di Burri. Qualche altro kilometro di salita ed ecco spuntare dietro un cancello aperto ciò che rimane di Poggioreale, il paesino fantasma che ha ispirato film e videoclip negli ultimi anni.

La vita si è qui fermata nel 1968, il luogo è rimasto lo stesso; qualche animale selvatico di tanto in tanto fuoriesce dalle finestre o passeggia per le scale, qualche muro si spezza e cade nel silenzio assoluto; qualche turista di passaggio, incuriosito, fa delle foto. Ruderi moderni di una piccola e povera città dell’entroterra siculo; la Chiesa Madre, la scuola, la posta, il teatro, la macelleria, la piazza centrale alla fine del Corso; tutto distrutto, ma tutto dov’era.

Marco Mezzatesta

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