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Regionali 2012. Dall’astensione dei siciliani alla sofocrazia di Battiato

 

Sofocrazia, governo dei sapienti, e noocrazia, governo dell’intelligenza: si definisce così la particolare forma di aristocrazia difesa da Platone. Secondo il filosofo greco vissuto nel V secolo a.C., lo Stato deve essere sì aristocratico, in quanto governano i “migliori”, ma questi ultimi sono tali non per forza o ricchezza, bensì per il possesso della sapienza e della saggezza. Franco Battiato Assessore alla Cultura della Regione Siciliana sembra realizzare l’idea di Stato platonica, ove i filosofi, per virtù e valore personale, sono i più adatti a reggere la cosa pubblica. L’artista catanese (che odia essere chiamato “maestro”) costituisce da sempre un unicum nel panorama musicale siciliano ed internazionale. I suoi brani sono preziosa fonte di riferimenti classici e filosofici, e di spunti di riflessione spesso anche politica. Adesso ha l’occasione di mettere la sua competenza, la sua genialità al servizio della patria siciliana, terra baciata dagli dèi e dalla Storia, ma sempre più povera, soggiogata e arida dal punto di vista socio-culturale.

Un filosofo al governo, dunque, dopo una consultazione elettorale in cui la maggior parte del popolo siciliano si è astenuta, ha rifiutato di partecipare al “gioco” delle votazioni. Insegnano i politologi che una percentuale di astensionismo è fisiologica nelle democrazie mature; non è certo il caso delle elezioni regionali siciliane, in cui a non recarsi alle urne è stato il 53% degli aventi diritto, 2.443.994 siciliani su 4.647.159. Molti lo hanno fatto per atavico disinteresse e apatia verso la ‘cosa pubblica’, e magari hanno preferito “andare al mare”, o in montagna. Ad incrementare la percentuale sino a livelli vertiginosi sono stati, tuttavia, coloro i quali si sono astenuti per sopraggiunto disincanto, per quello che, ancora una volta dai politologi, viene chiamano ‘senso di inefficacia’, e che tradotto in lingua sicula si manifesta con il ritornello “s’hana manciatu i soddi, su tutti pari i stissi, non cancia mai nenti”.

Ed in effetti, tenuto conto delle formazioni politiche che stanno e staranno al governo, ben poco è cambiato rispetto alla precedente amministrazione. Qualcuno accusa che se nulla è cambiato è stato proprio a causa di chi non ha partecipato al voto; qualcun altro risponde che stavolta il segnale forte di partecipazione e di passione politica bisognava darlo restando a casa, non partecipando ad una recita in cui gli attori e gli sceneggiatori sono sempre gli stessi, rigettando un modello democratico-rappresentativo che in certo qual modo pone sempre il popolo assoggettato agli abusi del potere. I più ‘arrabbiati’ tra gli astenuti non si sono accontentati più di essere liberi ogni 5 anni, quando si è chiamati a scegliere i propri governanti.

Un modello democratico-rappresentativo che stavolta, quantomeno negli esiti, ha fallito, ha perso. Il risultato è stato un governo della minoranza, in cui sono bastate poco più di 600.000 preferenze per accedere a Palazzo d’Orleans. Un governo che ora chiama al proprio fianco il prestigioso ‘filosofo’ Franco, icona platonica di buon-governo, che ha subito dichiarato di non fare politica e non voler avere a che fare con i politici. Comprensibile e legittimo per una personalità eclettica, impossibile da assimilare a qualsivoglia etichetta o ruolo. L’auspicio dei siciliani adesso è che Franco (come lui stesso ha detto di voler essere chiamato) avrà, come richiesto, “la libertà di organizzare eventi che mettano in contatto la Sicilia con il resto del mondo”, onorando la millenaria storia di Trinacria.

Chissà che, nonostante astensionismo e disincanto, qualcosa “cambierà, vedrai che cambierà…”.

 

Stefano Fiamingo

 

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