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Susan Sarandon, signora della TaoClass

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Non chiedete il perché ma fra tutti i personaggi del “Rocky Horror Picture Show” quello di Janet Weiss, futura sposa della coppia rosa-confetto che si imbatte nel castello di Frank-N-Further, è quello con cui ho sempre sentito più affinità. Sarà perché nella testa del quindicenne di allora (che, quanto a visioni musicali, stava fermo a “Grease”) Janet rappresentava in fondo l’innocenza messa alla prova dalla trasgressione, l’inesperienza al cospetto della disubbidienza, la “normalità” a convegno col delirio kitsch e transgender della “favolosità”. Per questo motivo, all’inizio dell’incontro con Susan Sarandon, provoca un significativo tuffo al cuore veder scorrere le sequenze della mitica “Sweet Transvenstite” sul corpo di quella Janet Weiss con cui ho condiviso una sorta di coming of age cinematografico. L’attrice americana non è la protagonista assoluta della clip scelta per aprire l’incontro (c’è lo straordinario Tim Curry a mangiarsi la scena); però che ne sarebbe dell’effetto di quell’epocale ingresso “transvestite” senza Susan che strabuzza gli occhi dinanzi a un simile festival di guepière, boa di struzzo e dichiarazioni d’intenti dal pianeta “bisesso”?

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Strani cortocircuiti fra vita e cinema che si verificano nella vita di pochi spettatori ma che, inaspettatamente, talvolta accadono. Cine-biografismi a parte, la Tao Class con Susan Sarandon più che un incontro si è rivelata soprattutto un’esperienza. Un appuntamento non solo con l’essenza del cinema (incarnata da uno di quei volti che lo schermo non lo abitano ma, piuttosto, lo “trafiggono” con lo sguardo), ma anche con una personalità rigorosa e fieramente umana. Donna e madre prima ancora che attrice, essere umano senza orpelli da star system che partecipa sì al luna park divistico, ma senza per questo doversi privare di un giro pomeridiano lungo il corso di Taormina (dove si è concessa tranquillamente ai “selfie” dei passanti che la riconoscevano). Ostenta (se così si può dire) un contegno all’apparenza superiore, ma in verità è semplicemente quello di chi ha conosciuto abbastanza del dorato mondo hollywoodiano da sapere che quello vero abita fuori. E, in fondo, è proprio sulle grandi verità che le sue opinioni preferiscono soffermarsi durante l’incontro con pubblico e stampa, mentre gli occhi, castani e accesissimi, si posano sugli interlocutori distillando saggezza e coerenza intellettuale piuttosto rare nel cinema. Così, pungolata da domande neanche troppo inaspettate, la Sarandon non rinnega nulla delle esternazioni sul papa nazista (mentre ha parole d’ammirazione per quello attuale) così come sulle lobby delle armi, artefici, insieme al razzismo sempre più imperante negli U.S.A., di stragi come quella recente avvenuta nel South Carolina. E se spende parole in difesa delle donne a Hollywood, ancora oggi discriminate sotto il profilo economico, questo non significa che tutto il gentil sesso vale necessariamente una battaglia, fosse anche quella politica. Così, a proposito della candidatura di Hilary Clinton alle prossime elezioni, non nega di volere intimamente un presidente donna, purchè si tratti di qualcuno non legato a finanza e poteri forti.”Non bisogna votare una donna solo perché tale” dice in sintesi, anche se l’espressione usata per marcare il suo pensiero -“io non voto con la vagina”- è di quelle da inserire a forza negli annali.

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Parole secche e semplici ma intrise di sano spirito democratico. Quello stesso sentimento che l’ha sempre animata sia nelle scelte cinematografiche (fuori o dentro il sistema, purchè coerenti con la sua persona e personalità artistica), che nelle battaglie in prima linea a favore dei diritti civili e che l’ha portata a manifestare il suo disappunto perfino nei confronti della più radicata e primitiva fra le pratiche americane: la pena di morte. Con un film ovviamente. Quel “Dead Man Walking” che oggi appare più un pamphlet sul rispetto della vita che un j’accuse verso la pena capitale. Dopotutto la suora da lei splendidamente interpretata nel film di Tim Robbins (unico Oscar di una carriera che in verità ne meriterebbe ancora), alla fine parlava di amore, uno sguardo d’amore quale ultimo lascito anche per l’ultimo dei peccatori o gli assassini. E’ su questa citazione, e usando la linea di quel sentimento che debordava dallo schermo investendo gli spettatori, che con rispetto consegno alla fine della Tao Class l’omaggio realizzato per lei.

61st Taormina Film Fest, June 19th 2015, Palacongressi, Sala A. Campus with Susan Sarandon. ©2015 Luca Libertino

61st Taormina Film Fest, June 19th 2015, Palacongressi, Sala A. Campus with Susan Sarandon.
©2015 Luca Libertino

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Nessuna parodia o richiamo ai film interpretati ma, semplicemente, un ritratto. Che lei, signora del cinema ed essere umano pieno di dignità, accoglie con sorpresa e piacere, ringraziandomi con la sua gestualità contenuta e pregna di significato. La giovane Janet Weiss dallo sguardo stupefatto è diventata una donna magnificamente affascinante che detta legge con gli occhi e delizia coi modi. Un’espressione la sua che nessun selfie potrà mai catturare.

61st Taormina Film Fest, June 19th 2015, Palacongressi, Sala A. Campus with Susan Sarandon. ©2015 Luca Libertino

61st Taormina Film Fest, June 19th 2015, Palacongressi, Sala A. Campus with Susan Sarandon.
©2015 Luca Libertino

Testo e disegno di Andrea Lupo
Fotografie di Danilo Vitale
Altre foto gentilmente concesse da Luca Libertino, NoBossDog (nobossdog@hotmail.it)

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