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Lo “disegnavano” Jeeg Robot

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Ogni tanto qualche licenza poetico-giornalistica, come quella sopra, è lecito concedersela specialmente se -come accaduto al sottoscritto- ci si trova ai Nastri d’Argento e si ha la ventura di incontrare (e omaggiare) l’attore-simbolo della stagione cinematografica italiana appena conclusa. Non parliamo di una giovane promessa (di strada il nostro ne ha già fatta parecchia e i nomi dei registi che l’hanno diretto- da Bertolucci a Moretti, da Argento a Avati fino a Olmi – sono lì a testimoniarlo), ma di un collaudato professionista maschile alle prese con il ruolo probabilmente più carismatico dell’anno: Claudio Santamaria alias Jeeg Robot. Il film- che ve lo dico a fare?- è proprio il celebrato “Lo chiamavo Jeeg Robot” di Gabriele Mainetti, talentuoso regista esordiente riuscito nella duplice (e non facile) impresa di realizzare un classico prodotto di genere accattivante ed esportabile e al tempo stesso di creare quel cine-comic italiano che mancava da tempo nella nostra produzione (Diabolik di Bava e Criminal di Lenzi appartengono a un passato ormai remoto così come Sturmtruppen e il Baba Yaga di Crepax, mentre il classicissimo Tex con Giuliano Gemma risale ad appena 30 anni fa e lo sfortunato Paz!, tratto da Andrea Pazienza, è passato praticamente inosservato nei primi anni ’90). Quello di Mainetti, pur non essendo l’adattamento cinematografico di un fumetto, è comunque un film attraversato dalla personalità nerd e iperrealista tipica delle avventure di carta e non sfigura affatto (anzi per molti versi li supera) accanto ai blasonati prodotti a stelle e strisce, tutti star, esplosioni e lussuoso merchandising. Così, in mezzo a una stagione scandita dai capitoli finali (?) di interminabili fasi due e tre Marvel, fra piacevoli new entry (Deadpool) e testosteronici match (Iron Man che bisticcia con Capitan America, Batman che si azzuffa con Superman), l’arrivo di un Jeeg Robot coatto, delinquente e borgataro, divoratore senza ritegno di yogurt e dvd porno nonchè supereroe senza alcuna responsabilità, è di quelli da salutare con entusiasmo.

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Sia chiaro da subito (almeno per chi non avesse ancora visto il film): qui, nonostante il titolo, non c’è né il professor Shiba né la mitica campana di bronzo, non ci sono Hiroshi, i componenti in volo e neppure la regina Himica. Quella di Mainetti è, senza equivoci, una rielaborazione libera e intelligente di un eroe appartenente all’immaginario di molti quarantenni di oggi, forse il robot (Go Nakai) più amato della generazione ’70- ’80, quella che non si fa vergogna di indossare al collo lo stesso ciondolo di Jeeg Robot. Un’operazione, quella del regista, dotata di ritmo e faccia tosta, perfezionata abilmente con mezzi, espressività e linguaggio rigorosamente tricolori. Al posto di Hiroshi abbiamo qui un tal Enzo Ceccotti, ladruncolo di periferia che i superpoteri non li eredita da una campanza di bronzo miniaturizzata nel petto ma – assai meno prosaicamente – per puro caso dopo un bagno radioattivo nel Tevere, e che diventa Jeeg Robot soltanto nella proiezione mentale di una povera ragazza disturbata di Tor Bella Monaca. Il resto è storia. Non, come detto, quella conosciuta dell’anime giapponese ma un’altra storia dal ritmo e il respiro italici e soprattutto dalle originali e inattese sfumature pulp-noir (affidate al vilain Luca Marinelli). Santamaria impersona il suo (stra) ordinario eroe qualunque Ceccotti con aderenza totale (anche fisica) e si ritaglia non solo un personaggio iconico nella sua carriera, ma anche un inedito status di divo della stagione cinematografica appena conclusa. Il Nastro d’Argento al film, che segue il David di Donatello come miglior attore italiano del 2016, sta lì a siglare un’infatuazione che non accenna ancora ad esaurirsi (il film ha ancora benzina da consumare per tutto il periodo estivo).

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Lo chiamavano Jeeg Robot e proprio così l’ha disegnato anche il sottoscritto. L’idea di incontrare Santamaria dal vivo fa sicuramente un certo effetto e suscita perfino un po’ di timore. Perché se l’intenzione personale è di quelle buone – dopotutto vorrei avvicinarlo soltanto per potergli consegnare un omaggio che lo celebra come Jeeg Robot- la mente corre già veloce a quei potenti pugni-a-razzo che gli ho visto mollare con convinzione contro i blindati durante il film. E se il disegno non gli piacesse- mi chiedo dubbioso- potrebbe essere quella una reazione plausibile? Ma di Santamaria, durante la conferenza stampa in cui si annunciano i vincitori, non c’è traccia, anche perché stavolta il premio come miglior attore è andato a Stefano Accorsi per “Veloce come il vento”. Ci pensa per fortuna lo stesso regista Gabriele Mainetti (presente alla cerimonia) a fugare quel dubbio. Dopo averlo avvicinato per una foto-ricordo (mi mangio un po’ le mani per non aver preparato un omaggio anche a lui) e dopo avergli mostrato contestualmente il disegno dedicato all’attore, comunico a questo ragazzo dai modi spontanei e amichevoli il mio rammarico per non aver potuto consegnare quel regalo nelle mani della star assente. Lui invece mi contraddice subito rivelandomi che Claudio non è affatto assente ma si sta solo prendendo un po’ di sole lontano dai flash e dal sudore della sala-stampa dell’albergo. Quindi lo chiama al cellulare per comunicargli “Claudio, c’è qui un regalo per te!” e mi invita a seguirlo lungo il bordo piscina dell’Atlantis Bay per realizzare l’incontro. Ed è proprio lì su una sdraio che si materializza finalmente un rilassato e inedito Jeeg Robot, non accigliato e combattivo così come l’ho ritratto, ma sorridente e accoglientissimo, pronto a riceve un regalo che non si aspetta in un’atmosfera che più rilassata ed informale non si potrebbe.

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Claudio Santamaria apprezza il disegno e la dedica dietro, mi ringrazia calorosamente e mi regala la foto-ricordo con il miglior supereroe di stagione e ormai nuova icona pop del cinema italiano. Enzo Ceccotti-Jeeg-Claudio non si è fatto problemi a posare insieme a me durante quel momento di relax, dando prova concreta che le migliori qualità di un attore resteranno sempre disponibilità e gentilezza. Eccoli i veri superpoteri. Grazie Claudio!

 

Testo e disegno di Andrea Lupo  

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