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“I guardiani della galassia” la recensione

“Hooga-Chaka Hooga-Hooga,Hooga-Chaka Hooga-Hooga…” questo il ritmico refrain che i Blue Swede nel 1974 “impiantavano” su una hit del 1968, la mitica “Hooked on a felling” di B.J.Thomas, consegnandola alla storia della disco-dance anni ’70. Senza troppo elucubrare potremmo dire oggi che l’operazione “Guardiani della Galassia” somiglia un po’ all’innesto operato in quella canzone. Partire dal canovaccio di un fumetto Marvel (del 1969) non particolarmente conosciuto, lavorare sulla sua incarnazione più recente (del 2008) nonchè più vicina al gusto moderno, e infine “innaffiare”il tutto con una buona dose di “ Hooga- Chaka”, cioè di quella divertita sfrontatezza capace di trasformare il classico e un po’ impettito prodotto Marvel nel frullato che non ti aspetti. O in cui almeno “speravamo”, dopo il bombardamento estivo di trailer al ritmo di “Spirit in the Sky” e, per l’appunto, della già citata “Hooked on a feeling”. Il risultato? Perfettamente in linea con le attese e particolarmente sintonico con il feeling del pubblico over 30, anche se “Guardiani” dimostra di possedere la giusta “trasversalità”anche nei confronti di teen-ager testosteronici e famelici divoratori di pop-corn al burro. Perché, va precisato, siamo sempre nella regione Marvel, vasta frazione del continente Disney e landa deputata alla causa del divertimento adolescenziale. L’epica di “Star Wars” fluttua ancora solinga in quella galassia lontana lontana datata anni ’70 e ’80 mentre i suoi epigoni fantascientifici (se si eccettuano il tentativo “Serenity” e il reeboot di “Star Trek” ad opera di J.J. Abrams) stentano a raccoglierne la pesante eredità. “I guardiani della galassia” non è “Guerre Stellari” né ha, tantomeno, la stolida ambizione di diventarlo, però è guascone e divertente quel tanto da farlo eleggere a ragione come l’esperimento più vicino alla filosofia degl fantasy anni ’80. Perché di amore per quel decennio cinematografico il regista James Gunn (già autore del cinico e sorprendente “Super”) dimostra di averne parecchio fin dalle prime inquadrature. E non ci riferiamo soltanto alla seria introduzione, dove il dramma della malattia si stempera con leggerezza dentro una nuvola spielberghiana, quanto alla (già mitica) sequenza dei titoli di testa, dove l’omaggio a “I predatori dell’arca perduta” diventa l’impertinente occasione per introdurre uno Star Lord già dotato di feticci inseparabili proprio come il vecchio Indiana (con il walkman al posto della frusta), oltre che dell’immancabile e fascinosa ironia. Universi, pianeti e creature si susseguono veloci e colorati lungo i solchi di un plot leggero come una piuma, mentre sullo sfondo i cattivi incedono implacabili in mezzo a beghe familiari e disegni di distruzione universale che grattano sì ma non “graffiano”. Ma poco importa se i vilains contano come il due di picche nell’economia della storia, perchè a interessarci restano sempre loro, i Guardiani, personaggi che, come le canzoni della musicassetta-feticcio di Star Lord (la “Awesome Mix Vol. 1”), si “srotolano” con naturalezza dinanzi a noi, caratterizzandosi perfettamente con poche battute (lode all’albero Groot, digitale e monosillabico ma anche espressivo e commovente) e riuscendo sempre a sorprendere per freschezza e singolarità psicologica. Così imprevedibilmente “prevedibili” (del resto il fine resta sempre quello di riunirsi in un team di supereroi) da farsi amare immediatamente e senza misure. Noi, almeno, li abbiamo amati da subito per quell’anima sincera capace di travalicare la bidimensionalità del classico cinecomic. Sono “Spirits in the sky” (come dice la canzone) di cui già non vediamo l’ora di ascoltare l’attesa e annunciata “Awesome Mix Vol. 2”…

Andrea Lupo

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