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Emergenza casa,ieri dibattito a Io cambio Catania: “Puntare su recupero e nuove forme di edilizia sociale”

Io amo CataniaLe profonde differenze tra gli schemi tradizionali dell’Edilizia residenziale pubblica e le nuove forme dell’abitare, dal social housing fino all’autocostruzione, l’importanza di una politica che sia in grado di venire incontro alle nuove esigenze di chi non ha una casa ma anche la necessità che si discuta non solo di case ma complessivamente dei servizi per i cittadini, in una città come Catania che di servizi ne offre davvero pochi. Sono stati questi i temi affrontati ieri sera (sabato 9 marzo) nella sede del movimento civico Io cambio Catania durante l’incontro sull’emergenza abitativa. Significativo il titolo dell’iniziativa – “Che casa per Catania? Dall’emergenza abitativa al social housing, verso nuove politiche urbane e abitative” – che ha riunito architetti, esperti in social housing, sindacati degli inquilini, costruttori. A discuterne assieme ad un numeroso pubblico c’erano Giusi Milazzo, segretario provinciale del sindacato degli inquilini Sunia, Nicola Colombrita, presidente Ance Catania (Associazione nazionale costruttori edili), Alfio Zappalà, architetto ed esperto in Social housing, l’architetto Chiara Rizzica e Giuseppe Berretta, parlamentare Pd.
Un confronto per discutere di un tema da cui emerge chiaramente il disagio sociale dei nostri tempi. “I dati del Sunia sono drammatici – ha detto Berretta in riferimento al documento sottoscritto dal sindacato degli inquilini e rivolto a tutti i parlamentari nazionali – E qui a Catania la situazione è ancora più grave: la percentuale dei proprietari di case è molto più bassa che nel resto d’Italia, c’è una crescita esponenziale degli sfratti, una crescente incapacità nel pagare i mutui, migliaia di richieste di alloggi popolari e tassi di evasione dei canoni altissimi”. “Di fronte a questo, la politica deve discutere e avviare percorsi di urbanistica partecipata ma si deve soprattutto fare, realizzare cose concrete – ha detto ancora Berretta – la logica del mercato che si autoregola non va più bene, lo Stato e gli enti locali devono dare risposte e credo che forme di housing sociale e co-housing siano quelle giuste”. Esperienze, queste ultime, realizzate con successo soprattutto nel Nord Italia come ha illustrato l’architetto Zappalà: “Ci sono esempi di edilizia sociale a Parma ma anche esperienze innovative di recupero urbano di edifici di edilizia popolare a Milano e Torino – ha spiegato – Oggi si parla sempre di più di alloggi sociali piuttosto che di Edilizia residenziale pubblica, modelli rivolti soprattutto a giovani coppie, studenti e anziani che creano mix sociali interessanti”. La principale differenza tra Erp e edilizia sociale “sta innanzitutto nel fatto che non si realizzano più case di edilizia popolare in quartieri emarginati e c’è inoltre un salto di qualità perché si pensa alle abitazioni e contestualmente ai servizi per i cittadini”. Nascono così aree di edilizia sociale in tutte le zone delle città e non in quartieri “ghetto”, affiancate da asili nido, piazze e spazi pubblici. “Un’evoluzione della cultura dell’abitare accompagnata anche da un’evoluzione del mercato, perché gli imprenditori vedono dei vantaggi economici in queste nuove formule abitative” ha detto Chiara Rizzica. “Housing sociale però non vuol dire escludere a priori l’Edilizia residenziale pubblica – ha sottolineato Giusi Milazzo – Il disagio abitativo ha bisogno di un insieme di risposte e alcune di queste dovrebbero arrivare, soprattutto in città come Catania, nella riqualificazione del patrimonio esistente, spesso fatiscente perché privo di manutenzioni. Accanto a questo, occorre poi liberare gli appartamenti occupati da abusivi, che rappresentano più di un terzo degli abitanti degli alloggi di Erp, spesso al centro di compravendite illegali. Abbiamo più volte denunciato tutto questo alle Prefetture ma senza avere mai risposte”. Insomma, per dare risposte concrete all’emergenza abitativa è necessario puntare sulla riqualificazione del patrimonio esistente oltre che sull’housing sociale, “ma per fare questo ci vogliono anche strumenti adatti, a partire dal Piano regolatore generale” ha detto Colombrita: “Si sarebbe così evitata la distruzione del territorio etneo, del tutto compromesso a causa di costruzioni nate su terreni agricoli, per questo è necessario che Catania si doti al più presto di un Prg”.

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